La kermesse musicale più famosa e prestigiosa in Italia ci ha regalato in questo 2021 un epilogo che ha piacevolmente sorpreso tutti gli amanti del genere musicale: vince la 71° edizione del festival il rock dei Måneskin, giovanissima band romana lanciata dal secondo posto all’edizione del 2017 di X Factor.
Tralasciando il fatto che è sicuramente opinabile la scelta di far vincere un brano come “Zitti e Buoni”, tanto quanto è stata discutibile la vittoria di “Soldi” di Mahmood nell’edizione del 2019 (entrambi ben lontani dai canoni della “canzone italiana”, storicamente legata alla canzone napoletana), il pubblico e la critica si sono divisi in una diatriba che noi definiamo folle e che si può riassumere in una domanda: i Måneskin sono rock?
Poniamo una premessa a tutto questo articolo: qual’è il problema in questo dibattito?

Occupandoci di didattica musicale, i nostri studenti leggono gli articoli ed i post pubblicati dalle riviste di settore e ci chiedono “maestro, ma i Måneskin sono o non sono rock? E se non lo sono, allora cos’è il rock?“. Ci verrebbe da sorridere, se non per il fatto che andando poi a leggere alcune affermazioni cadiamo in un profondo sconforto. Per citarne alcuni: Classic Rock pubblica l’articolo “Sanremo, i Måneskin e il rock irrilevante uscito dai talent” affermando “questi artisti [..] restituiscono un’immagine falsata del rock, un’immagine non solo fastidiosa ma anche insidiosa e disarmante”, RockIt in “La vittoria dei Måneskin a Sanremo non è la rivoluzione” cita “sono rock, ma non hanno mai incarnato l’essenza di una definizione che una trentina di anni fa significava ribellione [..] sono assemblati/e in modo da somigliare a una band scelta a tavolino”, DailyBest che sfiora il massimo del giornalismo musicale italiano affermando “per ora li cataloghiamo dove devono stare, tra Hannah Montana, i Gazosa e lo spin off di Cinquanta sfumature di qualcosa”, e ancora avanti a ruota con Ringo di Virgin Radio, MusicAttitude, IndieLife, e molti altri. Ad impreziosire il tutto, potevano mancare gli indispensabili e pirotecnici paragoni con i grandi del passato? Certo che no! E allora via con una carrellata di similitudini con: AC/DC, Zeppelin, Creedence, Lynyrd, Clash, Greta Van Fleet, Red Hot Chili Peppers, Mick Jagger, Steven Tyler, Jem e le Holograms, Andy degli Wham.
Tanto per partire con il piede giusto, a chi dice che i Måneskin sono un prodotto discografico costruito su misura, che hanno fatto successo per il volere di qualcuno, perché passati dai talent, perché hanno pagato per suonare nei migliori locali d’Italia, perché sono scritturati e raccomandati, ecco, a tutti questi rispondiamo solo “non ce ne frega nulla”. I Måneskin sono partiti dalla strada come tante band e possiamo dire solo una cosa: ovunque siano andati, non hanno sbagliato un colpo. Tutto il resto è aria fritta.
Questione numero 1: cos’è il Rock in termini stilistici?
Ogni genere musicale ha delle caratteristiche stilistiche ben precise. Ogni bravo musicista dovrebbe conoscere queste caratteristiche ed avere la capacità di suonare il proprio strumento in modo contestuale al genere musicale, secondo il proprio gusto personale. Tralasciando le definizioni di enciclopedie e dizionari (che rimangono pur sempre valide), quando si parla di rock si parla di un genere che solitamente ha queste caratteristiche:
- un ensable principale di 4 strumenti: batteria, basso spesso elettrico, chitarra spesso elettrica e voce, dove:
- la batteria è suonata con grande intensità (i colpi sono forti, incisivi, potenti), la cassa lavora sui tempi forti (movimenti 1 – 3), il rullante sui tempi deboli (movimenti 2 – 4) e il tutto è condito dalla forte presenza di piatti (charleston, crash, ride) e da qualche passaggio su tom e timpano. A livello sonoro predilige un’equalizzazione a V (con i medi scavati), ma qui si apre un mondo di varianti;
- il basso elettrico è suonato sia con plettro che con le dita, solitamente va di pari passo con la cassa della batteria e predilige figure ritmiche di quarti e ottavi. Il suono è ricco di “attacco” o “punta” e lavora più sulle frequenze medio-basse (diciamo 130-250hz), a differenza dei bassi profondi dell’hip-hop (che stanno diciamo sotto 150hz);
- la chitarra è spesso distorta e caratterizzata dall’utilizzo dei power-chords, anche se non è insolito trovare brani con suoni di chitarra puliti, magari con parti arpeggiate. E’ senza dubbio lo strumento principale del genere: nel missaggio di un brano rock il suono della chitarra è sempre in evidenza. Il suono distorto è potente e graffiante e si alternano accordi lunghi con riff incisivi e penetranti.
- la voce è potente, talvolta sporca e graffiante. Nel genere si annoverano una serie di cantanti che possiedono un’ottima estensione vocale, ed eseguono melodie incentrate sul registro acuto.
- gli ottavi sono “dritti” (dividono perfettamente a metà il movimento), non shuffle come nel blues o nel jazz;
- le performance sono spesso energiche e roccambolesche (non è raro vedere un artista rock saltare, correre o ballare sul palco), le esecuzioni sono spesso sporche e scomposte (molto lontane dalla precisione delle esibizioni di un concertista classico).
- l’attitudine: quella predisposizione innata, quell’incarnare lo spirito rock, quel modo di fare a tratti eccentrico, a tratti disfattista, a tratti rivoluzionario. Insomma, quella cosa che non puoi spiegare a parole, quella cosa che hai nel sangue, quella cosa che o ce l’hai o non ce l’hai.
In virtù dei punti sopra descritti, non abbiamo alcun dubbio: le canzoni dei Måneskin sono rock e, anche a distanza di anni, rispecchiano e rispettano tutti i canoni più classici di questo genere musicale.


E poi diciamocelo, se la prima cosa che dici non appena Amadeus ti consegna il premio è “porca pu**ana” (cit. Victoria De Angelis, classe 2000, bassista dei Måneskin), sei per forza rock, quello bello, quello sano, quello genuino (sicuramente più rock degli inutili rotolamenti, baci, abiti “scandalosi” di Achille Lauro).
Questione numero 2: cos’è il Rock in termini di cultura e società?
Il Rock non è definito solamente da canoni puramente musicali, ma è delineato anche da un linguaggio comunicativo ben preciso. Questo linguaggio è figlio del periodo storico che ha portato alla nascita di questo genere musicale, ovvero il periodo dal ’64 al ’69, definito anche come la prima British Invasion (avete presente i The Rolling Stones? Ecco, nascono proprio nel 1962, proprio in Inghilterra, accanto a Yardbirds, Kinks, Animals, The Who, Cream, per citarne alcuni).
Se è vero che il rock nasce nella seconda metà degli anni ’60, è vero anche che nel corso degli anni questo genere musicale vede altre importantissime tappe di percorso, trasformandosi a seconda del decennio e del luogo: nel 1968 nascono i Led Zeppelin parallelamente ai Black Sabbath, nel 1972 gli AC/DC, a cavallo tra i ’70 e gli ’80 esplode una seconda ondata della British Invasion che porta alla luce Dire Straits, The Police, Queen, David Bowie, Rod Stewart, Elton John, Oasis, e avanti ancora con Guns’N’Roses, Red Hot Chili Peppers, Nirvana e Foo Fighters, e siamo arrivati agli anni 2000.
Ora, sebbene in 50 anni di storia usi e costumi siano cambiati, sebbene il linguaggio ed il modo di esprimersi stesso siano stati stravolti (e i testi delle canzoni lo dimostrano abbondantemente), possiamo tranquillamente dire che tutti gli artisti sopracitati sono rock. Possiamo anche dire che storicamente il rock esprima rabbia, malessere, senso di inadeguatezza, cambiamento, rivoluzione e ribellione? Assolutamente si, ma la rabbia espressa dagli Zeppelin era completamente diversa da quella espressa dai Nirvana. Perché? Perché il periodo storico era diverso, le esigenze ed i malesseri erano diversi, si viveva diversamente, la guerra, la povertà, e mille altre ragioni. Per questo, nei testi si parlava di problematiche diverse e le si raccontava in maniera diversa, in base al vissuto personale degli artisti.
Veniamo ad oggi. I Måneskin esprimono esattamente l’essenza del rock e cosa esso voglia comunicare oggi, nel 2020. Un rock probabilmente più attento alle tematiche sociali, più acculturato, più poetico e meno frivolo. Questo lo rende meno rock? Questo lo rende insignificante? Questo lo rende non all’altezza del rock del passato? Assolutamente no, anzi.
La rivista RockIt scrive “i Måneskin non hanno mai incarnato l’essenza di una definizione che una trentina di anni fa significava ribellione”. Prima di tutto forse si voleva dire “una sessantina di anni fa”, visto che il rock di trent’anni fa era già un’evoluzione del rock di trent’anni prima. In secondo luogo è evidente quanto la redazione della rivista in questione non capisca che il rock dei Nirvana nei ’90 ha significato ribellione tanto quanto quello degli AC/DC nei ’70, tanto quello dei Måneskin nel 2020, tutti e tre con profondità e modalità di espressione diversi. La chiave di lettura è sempre il periodo storico: se non si considera la finestra temporale, nulla ha il giusto peso.
Sia chiaro: solo il tempo dirà se quella dei Måneskin sarà una vera e propria rivoluzione sociale, ma di certo lo spirito c’è.
Se parliamo dei Måneskin, un punto di vista molto interessante è quello espresso da Cristiano Godano (cantautore e frontman dei Marlene Kuntz che in questo suo articolo sulla rivista Rolling Stone spiega “Certo che i Måneskin fanno rock, anche se il loro linguaggio è pop [..] esprimono rabbia in modo credibile e funzionale al successo. È il rock che vince perché sa comunicare”. Su questo non abbiamo dubbi.
Questione numero 3: perché molti rockers e la stessa stampa di settore non supportano i Måneskin?
Si sa, chi ama il rock è molto spesso un nostalgico. Certo, gli artisti, i frontman e i dischi che più amiamo fanno parte di un passato ormai lontano: sono dinosauri che consideriamo specie protetta in via di estinzione e siamo pronti a difenderli a spada tratta, senza nessuna riserva (e a volte anche senza alcun giudizio obiettivo). Ma questa questione è quella che più ci sta a cuore e siamo disposti a giocarci anche le nostre band preferite. Spezziamo questo ultimo punto in due riflessioni che per noi sono fondamentali:
- Come è possibile amare il rock e contemporaneamente disprezzare i Måneskin?
- Perché c’è sempre la necessità di paragonare le nuove band con i grandi del passato?
Se ti piace davvero il rock, se sei un appassionato del genere, e in virtù delle questioni 1 e 2 di cui sopra, i Måneskin non possono non piacerti. Non solo. Se davvero ami e supporti questo genere musicale, dovresti essere orgoglioso e sentirti in dovere di supportare le giovani realtà emergenti come queste, soprattutto quando vincono la più importante rassegna musicale d’Italia.
La stampa di settore che pubblica pezzi ridicoli sulla natura dei Måneskin, invece di festeggiare la loro vittoria, dovrebbe semplicemente vergognarsi e riflettere su cosa ne sarà della propria rivista nel prossimo futuro: quando ahimè ci lasceranno anche gli ultimi baluardi di quella nicchia di rock che considerate come “vero e puro”, non avrete semplicemente più nulla da scrivere perché non vi siete dimostrati in grado di apprezzare nulla di ciò che è il rock oggi. Non vi interessa niente di ciò che il rock ha da offrire nel 2020 e anzi, ci sputate sopra invece di supportarlo. (immaginatevelo detto come lo direbbe Greta Thumberg al Parlamento Europeo, col dito puntato e gli occhi lucidi)
La maggior parte dei vostri articoli sono etichette sopra etichette, paragoni sopra paragoni, senza alcun riferimento a tecnica, timbro, intonazione, portamento ritmico e qualità dei musicisti, comunicazione, messaggio, gestione del palcoscenico. Siete riviste di settore ma fate commenti da bar, invece di essere i professionisti in questo campo.
Se il rock muore, non è perché non ci sono più persone ad ascoltarlo, o per via della mancanza di band pronte a proseguire il lavoro della vecchia guardia: se il rock muore, parte della colpa sta nella cecità della stampa e del mercato discografico.
Tutto ciò mi ricorda molto una scena del film Birdman, dove la stella del cinema Riggan Thomson si scontra con la cinica e influente critica teatrale Tabitha Dickinson, ve lo ricordate? (video a lato)
Certo, i Måneskin assomigliano a tutto ciò che di rock c’è stato in passato, e io penso “meno male!”. La stessa bufera si era alzata per i Greta Van Fleet, il cui nome sembrava legato indissolubilmente a quello degli Zeppelin (non si nominava uno senza nominare l’altro), e io dico “e chi se ne frega”.
Tutti gli esseri umani imparano per imitazione. Imitano la risata, la camminata, i modi di fare e di dire, le espressioni, e certo, imparano anche a cantare e suonare la chitarra imitando i loro artisti preferiti e i loro insegnanti. Tutto ciò che siamo è il frutto di ciò che abbiamo visto o sentito, che, filtrato dal nostro gusto personale, ci ha permesso fare nostra una cosa “copiata” da qualcun altro.
Sfatiamo un mito: nella musica funziona alla stessa maniera, tutti hanno copiato da tutti e in questo non c’è nulla di male. Artisti come Led Zeppelin, AC/DC e Rolling Stones hanno copiato da chi faceva musica prima di loro e, in alcuni casi, hanno avuto talmente tanti maestri diversi da rendere difficile capire da dove provenga il risultato ottenuto (le fonti attinte per raggiungere quel risultato).
L’unica domanda che conta, e che tutti dovremmo farci quando ascoltiamo qualsiasi cosa, non è “a chi assomiglia ciò che sto ascoltando? Dove l’ho già sentito”, ma è invece “mi piace quello che sto sentendo? E’ bello a livello musicale? Mi comunica/trasmette qualcosa?”.
Invece per la maggior parte dei casi passiamo il tempo ad etichettare ciò che ascoltiamo. Lo facciamo per mettere ordine nella nostra testa, per creare uno schema, per riuscire poi a pescare in maniera semplice e veloce artisti con caratteristiche simili tra loro. Così però ci perdiamo il vero “bello” delle cose, della musica, le piccole differenze, perché è vero: i Måneskin assomigliano agli AC/DC e i Greta Van Fleet assomigliano ai Led Zeppelin, ma non sono loro, sono diversi, sono un’altra cosa. Il problema è che se leggo un articolo dove si dice “i Måneskin sono una copia degli AC/DC”, potrei tranquillamente evitare di ascoltare questa band perché “tanto ho già ascoltato tutto degli AC/DC”, e sono quindi implicitamente disincentivato ad ascoltare qualcosa di nuovo. E invece non è così. Non è così che dev’essere.

Divertente pensare come questa particolare (e malsana) dinamica non accada ovunque. Quanti cantanti rap avete sentito negli ultimi anni? Tanti, no? E quanti confronti con Eminem, Tupac Shakur, Notorious B.I.G. sono stati fatti? Zero. Eppure tutto ciò che è il rap oggi è partito proprio da li, ma a nessuno importa (ed è giusto che sia così). Oggi, importa solo cos’è e cosa c’è di buono adesso. Il passato, per quanto bello possa essere, è e resta passato.
Noi siamo per la musica che guarda al presente e al futuro: studiare ciò che è stato per capire cosa e come sarà.
Siamo stanchi. Basta con i paragoni inutili, con i confronti inutili, con la mistificazione dei grandi dello scorso millennio. Freddie Mercury, Robert Plant, Michael Jackson non erano alieni, erano umani, tra i più grandi in assoluto. Ma ne arriveranno anche di più grandi, di più bravi, così è sempre stato e così sempre sarà. Basta saper guardare ed ascoltare, basta non fermarsi e non vivere nel passato, non chiudere gli occhi.
Quindi viva il rock, viva i Måneskin che vincono Sanremo (a cui auguriamo tutto il bene e il bello di questo mondo), viva i ragazzi che decidono ogni giorno di imbracciare uno strumento e mettersi in gioco. Per noi questa non è solo musica: è passione, è vita!