I BestOff diventano grandi a Sanremo con Red Ronnie

Nell’ultimo mese abbiamo seguito da vicino le vicende dei BestOff, quartetto pop, world music, urban e folk tutto veronese (impegnati anche nella veste di docenti a School of Art), ospiti al prestigioso Teatro Ariston di Sanremo in occasione del contest musicale Fiat Music con ispeed Ronnie. Siamo sicuri che l’esperienza non sia da poco, visto il calibro degli artisti che dagli anni ’50 ad oggi ha calcato il prestigioso palco ligure, e per questo motivo abbiamo deciso di alzare la cornetta e fare un paio di telefonate ai nostri ragazzi per sapere com’è andata e per farveli meglio conoscere. Loro sono Samuele Rossin (S.R. voce principale, chitarra), Nicola Cipriani (N.C. chitarra, voce), Matteo Vallicella (M.V. basso, contrabbasso, voce), Massimo Max Avesani (M.A. batteria, voce, in sostituzione da gennaio 2017 ad Andrea Oboe) e nel 2015 hanno pubblicato (attraverso un crownfounding che ha coinvolto più di 200 persone) il loro album di debutto “Via“, contenente 11 inediti dal carattere pop-folk cantati in italiano.

Eccoci! Ciao a tutti ragazzi! La prima domanda va a scavare nelle vostre origini: cosa vi ha spinti a iniziare questo progetto e in che modo si è evoluto nel corso degli anni?

Samuele Rossin, classe 1989, frontman, voce e chitarra dei BestOff.
Samuele Rossin, classe 1989, frontman, voce e chitarra dei BestOff.

S.R. Eravamo tutti musicalmente attivi quando ci siamo conosciuti. Io e Nicola suonavamo in duo acustico all’epoca (2010-2011) dal momento che andavano molto di moda nei locali della zona, sia per una questione di mercato (i locali richiedevano quel tipo di atmosfera durante serate e aperitivi), sia per un fattore economico (i gestori delle attività spendevano meno pagando solo due musicisti, e noi guadagnavamo di più rispetto a suonare in una band). Da qui la decisione di diventare un quartetto, contattando altri due musicisti che già facevano parte della scena musicale locale (Matteo Vallicella e Andrea Oboe), con l’intenzione di mantenere la caratteristica acustica del progetto di partenza.

Il nome BestOff arriva proprio da qui, “meglio spento”, meglio in acustico, anche se col tempo il progetto si è evoluto, come d’altronde siamo cresciuti anche noi, sfruttando anche chitarre e bassi elettrici.

Il legame col territorio e la tradizione è per me molto importante e, nonostante le ispirazioni internazionali, cerchiamo di mantenerci sempre in contatto con le nostre origini e con quello che siamo, cosa che probabilmente manca ai giovani di oggi.

Ricordo ancora che i primi tempi Nicola ci ospitava nella sua casa in montagna dove restavamo ore a comporre, mangiare bene e camminare. Per me è l’unico modo per tenere vive e sempre fresche le nostre emozioni.

M.V. Banalmente è stata la musica a spingerci a iniziare questo progetto. Io suonavo con il batterista Andrea Oboe in varie formazioni Jazz, e Samuele e Nicola suonavano in duo acustico quando abbiamo deciso di unire le forze per formare un quartetto che fosse pop raffinato, pensando a Sting, a Paul Simon, ecc.

In questo senso gli interessi comuni e la voglia di giocare, divertirci e ri-arrangiare i pezzi sono stati la chiave.

L’evoluzione è stata quella di voler dire la nostra, quindi l’intenzione di realizzare un disco di inediti che prese forma nel 2015 con “Via“.

Grafica promozionale di "Via" il disco di inediti d'esordio pubblicato nel 2015
Grafica promozionale di “Via” il disco di inediti d’esordio pubblicato nel 2015.

N.C. Il progetto è una naturale prosecuzione delle collaborazioni artistiche tra Samuele Rossin, Matteo Vallicella, Max Avesani e me. Siamo più o meno coetanei, cresciuti a Verona studiando e suonando ai concerti, formando una parte di quel nuovo ambiente musicale veronese sfornato negli ultimi anni, lo stesso dove abbiamo tutti preso la via del professionismo negli ultimi 10 anni di attività. BestOff nasce dall’idea di creare un suono principalmente acustico ma con sezione ritmica. Basso, batteria, contrabbasso e chitarre, oltre alle voci e un profondo lavoro di arrangiamento.

M.A. Il progetto nasce dalla volontà di creare della musica originale. Proveniamo tutti da esperienze musicali diverse, ma dal mio punto di vista l’aspetto che ci ha portati ad intraprendere questa strada è il fatto che siamo amici. Senza questo valore e senza la stima reciproca non sarebbe possibile lavorare insieme. Dal mio punto di vista, i BestOff hanno avuto un’evoluzione stilistica importante, sopratutto da quando nel 2017 sono subentrato ad Andrea. Quando arriva un nuovo componente cambiano le idee e le opinioni, è inevitabile, ma se da una parte abbiamo cercato di mantenere una matrice acustica, dall’altra sicuramente siamo diventati più diretti ed incisivi sia nelle sonorità che nell’immagine.

La continua ricerca e la voglia di migliorare e raggiungere sempre più persone è per me la chiave del progetto.

Che prospettive/aspettative avete nel futuro e in che modo vi muovete per raggiungere i vostri traguardi?

S.R. Più che aspettative direi prospettive. Sappiamo bene quello che vogliamo e quali sono i nostri obiettivi, ma non ci aspettiamo niente da nessuno, sopratutto perché conosciamo bene il mercato musicale italiano e bisogna farci i conti.

Noi vogliamo portare la nostra musica il più lontano possibile, senza venderci o senza scendere a compromessi di mercato. Vogliamo che i nostri prodotti siano belli, di qualità e che ci rispecchino a pieno.

Sfondare non è il termine giusto, perché implica un approccio mediatico (televisione, fama, soldi) che in realtà non mi interessa: ciò che voglio è espanderci, fare conoscere la nostra musica ed emozionare più persone possibile, emozionandoci con loro.
Come ci muoviamo? Lavoriamo come dei pazzi a 360° su tutto quello che riguarda il progetto, dall’immagine agli arrangiamenti al sound, cercando di scrivere sempre cose nuove che siano di qualità, strizzando l’occhio al moderno senza mai dimenticare i grandi prodotti del passato, e che arrivino al sodo dell’emozione, al cuore delle persone.

Matteo Vallicella, classe 1985, contrabbasso, basso elettrico e seconda voce dei BestOff.

M.V. Bellissima domanda!

Nel futuro immediato stiamo lavorando al nuovo disco, ammesso che si parli di un nuovo disco.

Il mercato musicale è strano e in continua evoluzione: in questo periodo storico si ragiona quasi a “singoli” e questo ci porta a pensare che potrebbe non essere un album tradizionale (anche se questo tipo di formato continua a piacermi molto perché definisce un luogo, tempo e spazio). I brani sono molti e saranno selezionati per avere un pacchetto omogeneo, che ci rispecchi a pieno, e da qui inizierà il lavoro con i produttori. Parlando invece più a lungo termine, le ambizioni sono davvero grandi, a partire dalle partecipazioni nei grandi palchi d’Italia (festival, concorsi o eventi che siano), come potrebbe essere per l’appunto il Festival di Sanremo, piuttosto che il Premio Tenco o Musicultura, purché siano ben strutturati e volti a valorizzare e premiare la musica di qualità. La mission è un po’ quella di spingere in Italia un genere musicale che qui è quasi una parolaccia (carico di connotazioni negative), ma che nel resto del modo è una realtà: il “pop”.

N.C. Abbiamo la necessità e l’intenzione di portare la nostra musica a più persone possibile,

viviamo nella filosofia che l’arte non piova dal cielo ma nasca dalla terra, dalle cose semplici.

Sappiamo tutti il cambiamento che ha avuto lo showbusiness negli ultimi 20 anni, noi scriviamo, arrangiamo e portiamo la nostra musica direttamente “in mano” agli ascoltatori, ai concerti e ai nostri contatti personali. Abbiamo avuto la fortuna di fare un paio di incontri speciali e lavorare con alcuni grandi nomi della produzione italiana, quindi…ci stiamo lavorando! Parallelamente lavoriamo di squadra per poter ottenere il maggior risultato dal nostro lavoro, in termini di concerti e di passaparola per la nostra musica.

M.A. La nostra aspettativa più grande è quella di raggiungere sempre più persone possibili trasmettendo le nostre emozioni attraverso i nostri brani. L’intenzione è quella di continuare a lavorare in modo che il nostro nome e i nostri brani non finiscano nel dimenticatoio, ma vengano ricordati nel tempo da chi ci segue e ci ascolta.

Il 2017 si sta concludendo, come vedete la professione del musicista oggi e cos’è cambiato da quando avete iniziato da professionisti?

S.R. Da quando ho iniziato la mia carriera da professionista (7-8 anni fa) ciò che più è cambiato secondo me è stato il modo di promuovere il proprio lavoro.

E’ una domanda ostica perché il lavoro del musicista è sempre più difficile: c’è sempre meno lavoro e le condizioni continuano a peggiorare. Tuttavia negli anni abbiamo cercato di lavorare sempre meglio, quindi in realtà per noi gli sbocchi e le opportunità di lavoro sono cresciute.

Io da un lato mi diverto, dall’altro mi metto a piangere (ride), specie quando sento i racconti dei colleghi musicisti che hanno vent’anni più di me e mi dicono quanti locali di musica live c’erano e quanto si guadagnava al tempo. Credo che sia una questione globale di mercato, anche se come sappiamo la cultura musicale italiana sta zoppicando: in questo periodo storico la musica qui non ha una grande considerazione, lo dimostra quello che si vede in TV, quello che si ascolta alla radio, i gusti delle persone in generale. E’ un po’ un cane che si morde la coda perché a rimetterci sono anche la musica live e la vendita di dischi.
Con questo non voglio dire che sia tutto nero, anzi. Vedo segnali di miglioramento nell’ultimo periodo:

l’interesse del pubblico e la voglia di fare live da parte di musicisti e locali sta leggermente crescendo, nonostante ci sia ancora poca disponibilità da parte degli enti e le condizioni siano ancora insufficienti, principalmente per la mancanza di fondi destinati al settore.

Il nostro riscontro è positivo ed in costante crescita, siamo contenti così e continueremo a lavorare per migliorarci e crescere ancora.

M.V. Rispondo in base alla mia esperienza nel settore (che non è poi così grande, circa una decina di anni), e in memoria di quello che sentivo dire da chi faceva questa professione prima di me. Sicuramente c’è più lavoro da fare e sicuramente sono richieste competenze sempre più ampie:

il lavoro inteso come “il musicista che prende in mano lo strumento e suona” di fatto quasi non esiste più.

C’è chi insegna, c’è chi approfondisce altri campi diventando fonico o sound-designer, c’è chi diventa promoter curando quindi tutto l’aspetto pubblicitario. Di fatto il musicista di oggi necessita di un’infarinatura di competenze di base maggiore, dal momento che inizialmente il più delle volte lo stesso musicista è anche il produttore e il promoter di sé stesso (specie quando i budget sono ridotti). Non c’è dubbio che tutte queste competenze siano poi di enorme beneficio nella comunicazione verso le diverse figure professionali del settore: sapere cosa chiedere e come chiederlo crea una maggiore sinergia tra le persone che curano i diversi aspetti di un progetto, oltre che garantire un più semplice e immediato raggiungimento degli obbiettivi. Dall’altra parte però, un musicista che opera da solo spesso non ha una prospettiva completa o del tutto veritiera del progetto: se penso a quello che è stato George Martin (storico produttore, chiamato anche “il quinto beatle”) per i The Beatles, penso che senza di lui forse non avrebbero avuto tutto quel successo!

I BestOff live

N.C. Personalmente è cambiato l’approccio. Parlando da chitarrista, la chitarra ha subito profondi cambiamenti negli ultimi 30 anni, la figura del turnista onniscente sta lasciando forse strada a un chitarrismo più personale, decisamente non convenzionale. Alle volte in peggio, alle volte in molto peggio, altre volte in meglio, soprattutto dal punto di vista della creatività. Mi vengono in mente gli ultimi lavori di grandi nomi come Imagine Dragons o Coldplay, fino a Justin Bieber…stiamo parlando di pop. Più creatività, più personalità, più attenzione alla chitarra come parte del tutto e mezzo di arrangiamento: questo è il mio approccio tecnico.

Il futuro sta, come sempre, nelle idee.

Idee nuove, ricerca artistica e sperimentazione, in un contesto come la musica dove spesso la sperimentazione e le idee non “pagano” per tanto e alle volte troppo tempo.

Massimo “Max” Avesani, classe 1989, batterista, percussionista e seconda voce dei BestOff.

M.A. Anche se il ruolo principale di un musicista è quello di esprimere e trasmettere emozioni con il proprio strumento, il musicista oggi non deve occuparsi solo di fare musica. E’ il pro e il contro di questo mestiere.

Il musicista di oggi è prima di tutto imprenditore di sé stesso, e per questo deve riuscire a guardare sempre avanti, anticipando i tempi, e avendo sempre chiara quella che è l’evoluzione e la direzione del progetto. Una visione a 360° nel tempo, per step.

Questo accade sia nei BestOff, sia a livello personale: la mia professione è frutto di un percorso che è iniziato con lo studio dello strumento, e si è evoluto facendo esperienza sui palchi con più formazioni possibili, cercando quindi di entrare nel network della live music, con lo scopo di creare più contatti possibili con chi opera in questo settore. Questo è il bello del mestiere ed è una delle cose che sono convinto non cambierà mai

Sanremo e il palco dell’Ariston, cosa più vi ha colpito (in positivo e negativo) di questa esperienza?

S.R. Beh…

Sanremo è stata una figata unica. Salire su un palco così è un’emozione importante e…ed è una figata!

Sentiamo parlare spesso di Sanremo, perché dopotutto nel settore è forse il palco più importante in Italia, almeno a livello mediatico. Non è un caso che tutte le persone quando pensano a Sanremo, non pensino alla città ma al Festival.
La cosa che più mi è rimasta impressa di questa esperienza è senza dubbio la sensazione di essere catapultati indietro nel tempo, vuoi perché il teatro è “vecchio”, nel senso che non è ristrutturato e quindi porta con sé un’atmosfera magica, vuoi perché gli stretti corridoi che portano dai camerini al palco (essendo in centro storico non ha mai avuto la possibilità di espandersi quindi gli spazi sono piccoli e sfruttati al massimo) sono tappezzati di foto di tutti gli artisti che hanno partecipato al Festival dagli anni cinquanta ad oggi (Mia Martini, Celentano, Battisti). Incredibile ed indescrivibile l’emozione che ho provato nel percorrere quel corridoio e nel guardare le foto che da bianco e nero diventano a colori poco prima di accedere al palcoscenico.

Quando sei sul palco guardi la platea e pensi a tutti quei grandissimi artisti che hanno visto la stessa cosa dalla stessa prospettiva…è incredibile.

M.V. Premesso che abbiamo visto il palco di Sanremo fuori dal contesto del celebre festival, la cosa che più mi ha colpito è stata sicuramente l’atmosfera che si respira dentro le mura del Teatro Ariston: caspita, se penso a tutti i piedi che hanno calcato quel palco, internazionali e non, mi vengono i brividi!

Già di per sé l’idea di proporre in un luogo sacro come questo un tuo brano originale, beh è davvero un’emozione.

Così come la partecipazione di tanti artisti o formazioni di qualità che come noi vivono nel sottobosco musicale italiano, ci riempie di speranza perché ci fa capire che non è una “battaglia” (se così si può chiamare) che stiamo combattendo da soli. L’unica cosa che cambierei è relativa al fatto che effettivamente non è un vero e proprio concorso come ci aspettavamo di trovare, ma si tratta più di un ventaglio di artisti che si esibiscono, con una selezione che di fatto non possiede i criteri di selezione (quindi senza una vera giuria che esprime i voti secondo dei parametri di valutazione prefissati), ma viene fatta più “di pancia” (per stessa ammissione di Red Ronnie).

Nicola Cipriani, clase 1989, chitarrista e seconda voce dei BestOff.

N.C. L’Ariston è storia e li ci sono i ricordi di decine di Festival seguiti in tv. Sono uno di quelli che lo guarda con attenzione e lo guarderà sempre, quindi li sul palco mi immaginavo l’esatto momento in cui è entrato Bruce Springsteen a cantare The ghost of Tom Joad. O Battisti, Mia Martini…nomi troppo grandi da pronunciare e noi li, a calcare lo stesso palco.

Di negativo c’è solo il mese, all’Ariston vogliamo andare nel mese giusto, durante il festival! (ride)

Ad ogni modo è stata una bellissima esperienza, Red Ronnie è una macchina da guerra, non sta mai fermo un secondo, ne pensa mille e ne fa duemila, a volte è perfino difficile capirlo fino in fondo. Non possiamo che ringraziarlo con il cuore per l’attenzione che ha avuto su di noi insieme al compianto Fausto Mesolella.

M.A. Suonare all’Ariston è stata un’esperienza unica. Trovarsi su quel palco ed avere la possibilità di suonare un tuo brano…è qualcosa di unico!

L’unica cosa negativa? Aver avuto la possibilità di suonare solo un pezzo!

https://www.facebook.com/RedRonnie/videos/10154851494715947/

Dalle cover agli inediti, quando come dove e perché è scattata questa scintilla?

S.R. In verità non è scattata una scintilla, è stato un percorso naturale. E’ sempre stata l’intenzione di tutti quella di arrivare a fare degli inediti, solo che il primo passo è stato quello di trovare sound nostro. Quindi abbiamo preso le canzoni che più ci piacevano, per poi stravolgerle in acustico.

Abbiamo lavorato tantissimo sugli arrangiamenti, in maniera chirurgica, maniacale, tirando fuori quello che poi sarebbe diventato il nostro marchio di fabbrica, il sapore acustico dei nostri brani. Questo conoscerci, questo imparare a suonare insieme e rispettare le dinamiche ci ha aiutati tantissimo per farci diventare quello che siamo. E’ stato molto utile e ringrazio il cielo di averlo fatto, è stata una vera e propria scuola.

Ricordo il nostro primo live alle Cantine de l’Arena con queste cover ri-arrangiate. Ricordo che si era sparsa la voce e c’erano un sacco di musicisti ad ascoltarci. E’ stato un live incredibile, a tal punto che a fine serata ci venne offerto un ingaggio da un manager Hard Rock Cafè per Spagna e Corea che ci voleva per esibirci là. Il resto è stato un percorso naturale e spontaneo, gli inediti fanno parte dell’essere non solo musicista ma artista, e noi ne abbiamo davvero un bisogno estremo. Sicuramente la soddisfazione più grande è quella di avercela fatta con le nostre gambe, senza raccomandazioni, senza pagare le persone e con la nostra musica.

M.V. E’ successo quando ce lo siamo chiesti. Io avevo già scritto dei brani in passato che non pensavo avrei mai pubblicato, ma quando abbiamo iniziato a scrivere musica originale ci ho preso la mano e la composizione è entrata nella mia quotidianità. Non ho più smesso.

Da quel momento per me la semplice voglia di comporre musica si è trasformata in un’esigenza, un bisogno, una cosa di cui non posso fare a meno.

Come d’altro canto la band: abbiamo la necessità di stare insieme e lavorare, non c’è un motivo logico. Sentivamo semplicemente il bisogno di esprimere con delle parole che fossero nostre quelli che erano i nostri sentimenti. Il dove non era importante, ma dovevamo farlo.

N.C. Se c’è profondità artistica, visione comune, stima e progettualità a meno che non sia una cover band o un tributo nato per essere tale, il passaggio alle composizioni originali è naturale.

M.A. Il passaggio dalle cover agli inediti è stato processo lento ma necessario. La band ha iniziato suonando delle cover per poi passare gradualmente verso una propria identità personale. Io sono subentrato ad un altro batterista nel 2017, e i ragazzi avevano già prodotto un album inedito.

La costante ricerca di qualcosa di nuovo è appagante, in fondo il fatto di costruire un’identità propria è di per sé la mission di questa band.

I BestOff live, in onda per Yastaradio.
I BestOff live, in onda per Yastaradio.

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